La Prefettura. Ravenna nell'800.
Il Palazzo della Prefettura nel centro di Ravenna. Alberghi vicino alla Prefettura.
Foto: 1)il fronte del Palazzo della Prefettura su Piazza Del Popolo nel centro di Ravenna,2)il portale d'ingresso,3)la corte interna,4)la Prefettura con il Palazzo dell'Orologio,Piazza del Popolo
Le vecchie carceri di Ravenna si trovavano sul retro del palazzo legatizio, oggi sede della prefettura, affacciato su Piazza del Popolo.
Il fabbricato, seicentesco, quale carcere, aveva muri spessi quasi un metro e celle anguste e umide, specie ai piani bassi. Alle finestre, oltre a grosse sbarre di ferro, erano applicati i cosiddetti "tamburi", pannelli in legno a forma di piramide rovesciata, che impedivano ai carcerati la vista sul cortile, che era luogo pubblico e frequentato, trovandosi al centro della città.
La cella numero 2, quella di rigore, era più bassa di quasi un metro rispetto al piano stradale: i muri trasudavano acqua e insetti e rospi vi dimoravano stabilmente. I detenuti vi venivano rinchiusi per brevi periodi, per scontare punizioni.
Le condizioni di questa cella erano tanto rinomate che quando si voleva lanciare un malaugurio si diceva "va int'e nòmar dò": va nel numero due!
Essendo lo spazio divenuto insufficiente, durante l' età napoleonica venne adattato a prigione anche un lungo e basso stabile di via Matteucci, posto all' angolo sud con via Rossi. Qui, "al galèr", come la gente continuò a chiamare il fabbricato per lungo tempo, venivano reclusi i condannati ai lavori forzati.
Con la Restaurazione, anche l' ex monastero di San Vitale fu adibito a prigione; vi stettero rinchiusi molti dei prigionieri politici dei moti risorgimentali, poi condannati al patibolo o all' esilio.
Dopo il 1860 le vecchie prigioni del palazzo legatizio vennero ampliate, incorporando quelle che erano state scuderie, rimesse e fienili, che si appoggiavano al retro delle botteghe affacciate su via Cairoli, allora detta "Palserrato". Questi nuovi ambienti costituirono la sezione femminile del carcere. Le pessime condizioni igieniche del fabbricato e la crescita demografica imposero però ben presto la necessità di disporre di un moderno e più ampio carcere.
Dopo aver scartato la soluzione di utilizzare la cittadella della Rocca Brancaleone, si decise di costruire un nuovo edificio, l' attuale penitenziario, ai prati dell' ex monastero di Sant'Andrea, uno spazio inedificato a ridosso delle mura, allora percepito come lontano dall' abitato e non distante dal tribunale, che nel 1865 era stato trasferito nel palazzo Rasponi prospiciente via D'Azeglio.
Il nuovo fabbricato venne portato a termine e inaugurato nel 1900. In quel tempo la strada su cui si affaccia cambiò nome: da strada di Sant'Andrea divenne via Port'Aurea, e i Ravegnani, con un senso di pudore un poco scaramantico, da allora chiamano "port'aurea" le loro prigioni.
Prof. Gianni Morelli, Anna Missiroli
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